SCUOLA: UNA NECESSARIA SBUROCRATIZZAZIONE
Di Vincenzo Olita
Occuparsi della Scuola italiana non può presupporre solo il partecipare all’annoso e stantio dibattito su istruzione pubblica o privata, occorre anche ripesarne gli aspetti strutturali e i modelli organizzativi.
Ci hanno provato in tanti, da Berlinguer alla Moratti, dalla Gelmini alla Carrozza, a rianimare, per innalzarne il livello di efficacia, il nostro sistema scolastico, che però continua a rimanere prigioniero di schematismi ideologici e di resistenze ad un profondo cambiamento. Merito, responsabilità e partecipazione sono l’abbeveratoio semantico a cui tutti attingono, ma dove sostanzialmente nessuno è in grado di dissetarsi. La non felice condizione della nostra scuola necessita di una forte sburocratizzazione della struttura, fortemente ermetica e incapace di interfacciarsi con l’esterno, struttura che soffre della stratificazione di orientamenti e provvedimenti, sedimentati progressivamente a seguito dei tentativi riformistici. Ne è risultata una scuola autoreferenziale in cui merito, trasparenza ed autonomia restano un trinomio tanto evocato quanto disatteso.
Il sistema è deficitario, necessita quasi di tutto, dalla manutenzione degli edifici ad un adeguamento retributivo per i docenti in linea con i parametri europei, dall’efficienza dei laboratori ad un sostanziale supporto orientativo per il prosieguo formativo degli studenti.
Ed allora, perché non iniziare dalla dirigenza, ripensando la figura e il ruolo dei presidi, eleggendoli invece di nominarli? Occorre che i singoli Istituti possano identificarsi in una dimensione di comunità, intesa come organismo autonomo, vivo e vibrante, composto dagli studenti, dal personale docente e non, dalle famiglie e con un rapporto osmotico con il territorio su cui insistono. Insieme concorreranno all’elezione del Responsabile d’Istituto, indispensabile passo verso una sostanziale autonomia della Scuola.
Il mandato, di durata triennale o poco più, è palesemente legato all’intrinseca valutazione che l’intera comunità esprime sulla complessiva gestione dell’Istituto. Società Libera ha già avanzato, nel convegno di Arezzo, l’innovativa proposta che ha favorito un dibattito vivace e riflessivo tra gli operatori del settore, molto meno ponderato tra l’opinione pubblica, forse più incline ad un immediato collegamento tra metodo elettivo e consuetudini della politica. L’opposizione al cambiamento si coagula nel respingere la figura del Preside manager e del Preside padrone per il rischio che possa imprimere al proprio istituto svolte di carattere aziendalistico.
Preoccupazioni agevolmente superabili considerando che proprio l’attuale selezione concorsuale, con la conseguente inamovibilità, favorisce situazioni e processi organizzativi non proprio coinvolgenti. Del resto gli esiti attesi dai Decreti Delegati del ’74 sono risultati quanto mai deludenti, con i numerosi Consigli e Collegi si è alimentato solo un formalismo burocratico a discapito di una sostanziale e sentita partecipazione. Inoltre, è proprio la connotazione di comunità, tra gli obiettivi principali della proposta, che porta ad escludere il pericolo della trasformazione degli Istituti in pseudoaziende.
Contemporaneamente andrebbero soppressi, anche a beneficio della spending review, gli uffici scolastici regionali, sovrastrutture centraliste e burocratiche, espressione, questa sì, di un’onnipresente influenza della politica. Non si tratta di travasare politica nella scuola, anzi, proprio un meccanismo partecipativo, quale quello dell’elezione diretta dei Presidi, è in grado di favorire leaderschip capaci di dare attuazione al tanto perseguito trinomio, rimettendo al centro dell’interesse della scuola l’apprendimento e la formazione dei giovani, obiettivi primari, ma spesso trascurati.
Così come occorrerà ragionare sui sistemi di valutazione, che andrebbero introdotti a tutti i livelli ed incrociati tra le varie componenti della comunità. Siamo consapevoli che si tratta di una scelta che presuppone coraggio innovativo e volontà di sperimentazione specie da parte di chi condivide una visione liberale della società, ma siamo altresì convinti che la condizione della scuola italiana necessiti di un audace rinnovamento per uscire dall’attuale connotazione di corporativismo referenziale, a meno che non si voglia rimanere fermi al dibattito, su superate dicotomie, che già tanto appassionò Giovanni Giolitti e Sidney Sonnino.
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