18 maggio 2012

CRISI, CRESCITA E COESIONE





di Vincenzo Olita*

Lo andiamo sostenendo da un decennio, il Paese è soggetto a quattro ingombranti criticità: una dirigenza, non solo politica, fondamentalmente inconsistente, un’informazione inconsapevole e spesso inconcludente, un sistema giudiziario inefficace ed inefficiente, una criminalità organizzata sempre più penetrante.
Quattro anomalie che concorrono ad aggravare una crisi che, a questo punto, non è più solo economico–finanziaria.
Eh sì, il Paese vacilla anche nel suo tessuto connettivo. Alla babele politica si accompagna un profondo senso di smarrimento, di scoramento dell’opinione pubblica che, già investita dalla durezza della crisi, vive la classe dirigente come un corpo estraneo e distante, incapace di qualsiasi guida e qualsivoglia orientamento.
Si tenta di arginare lo stato di frustrazione con assicurazioni sul varo di misure per la crescita, riconosciute necessarie e date per imminenti. Già, la crescita, parola principe del vocabolario politico-istituzionale, viene invocata con una insistenza equivalente solo alla sua inconsistente credibilità.
La crescita non la si annuncia un giorno sì e l’altro pure, non la si realizza per decreto, certo essa deve essere favorita da provvedimenti e da azione politica che abbiano efficacia e coerenza.
Crediamo però che un Paese si predisponga a crescere quando i suoi cittadini avvertono e percepiscono di far parte di una cordata, quando si ha fiducia e un atteggiamento positivo verso il futuro, quando lo Stato e i suoi meccanismi non vengono percepiti come altro, quando si ha la capacità di smantellare una burocrazia parassitaria e asfissiante, quando non si consente ad un funzionario, direttore dell’Agenzia delle entrate, di rilasciare interviste in cui minaccia di “non fare prigionieri”, per poi scoprire che il prigioniero è proprio lui, ma del ridicolo, considerata la sua retribuzione annua di 456 mila euro.
In una società aperta e liberale è inaccettabile sentir parlare di prigionieri, così come sono inaccettabili i “suicidi per morosità”, i blitz, le delazioni, la persistenza del ricatto psicologico.
Eppure non è difficile comprendere lo stato d’animo e l’umore del Paese, mal predisposto alla crescita, velenoso nei confronti della politica, incupito verso il futuro. Se così è, allora, alle quattro emergenze, che da tempo ci accompagnano, occorre sommarne altre due: una prolungata stagnazione e una coesione sociale andata ormai in frantumi.

* Direttore di Società Libera




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